NANNI BALESTRINI VS GIUSEPPE D’AGATA

“Le sei.
Ancora due ore prima che faccia giorno.
Alla fin fine uno muore anche perché non c’è posto per lui.
Devo scendere.
Non voglio che Vittorini non mi trovi.
Mio padre non ha mai comprato una casa. Non aveva i soldi ma lui accampava faceva valere un altro motivo. Diceva di non volere sapere in anticipo dove sarebbe morto. Tutti abbiamo soffriamo di manie scaramanzie cabale esorcismi.
Fino a qualche tempo fa non tutti i giorni ma spesso mi veniva all’improvviso l’impulso di andare in camera a vedere il mio letto. A verificare controllare se per caso lì sdraiato vi fosse il mio corpo. Com’è che si dice. E’ morto e non se n’è accorto.
Lo farò anche adesso che non ho bisogno di accertare che mio figlio mi deve trovare composto e vestito bene.
Perché mai le scarpe nuove.
Le scarpe dei morti non servono per camminare.
Servono per ballare.
Per passeggiare sulla testa di quelli che abitano di sotto.” (Giuseppe D’Agata, I passi sulla testa, Bompiani, 2007)
“ho rotto lo specchio con il piede dello sgabello ho buttato tutte le schegge nel cesso ho tirato l’acqua l’ho tirata cinque sei sette volte ho continuato a tirarla fissando il buco nero del cesso quel cerchio nero in cui l’acqua scendeva ci ho infilato la mano dentro poi più in fondo per sentire dov’era il fondo c’ho infilato la testa l’ho schiacciata giù ma la testa non entrava non riusciva a passare da quel buco a uscire fuori da un’altra parte a vedere dove sono dove siete quando eravamo mille diecimila centomila non è possibile che fuori non c’è più nessuno non è possibile che non sento più niente che non sento più una voce un rumore un respiro non è possibile che fuori c’è solo un immenso cimitero dove siete mi sentite non sento non vi sento non sento più niente i riflettori di colpo spaccano il buio illuminano a giorno la cella” (Nanni Balestrini, Gli invisibili, Bompiani, 1987)

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