Appena chiuse porte e finestre, serrati i vetri, calate le serrande, turati gli spifferi, polverizzata con inaudita violenza l’ultima mosca e spento le luci per concedersi il riposo del giusto sprofondando nell’amata poltrona della notte, JFK comincia a sentire un leggero ronzio. Tura anche il naso, pensando uno scompenso di pressione, tura anche la bocca, soffia alla maniera dei sub e le mosche cominciano ad arrivare. Sono le mosche, sono forse le anime delle mosche da lui sterminate durante 84 anni di vita. Sono che ronzano e il buio amplifica il ronzio sino a indurre JFK a pensare che il buio sia fatto di mosche, tante, troppe, addosso a lui come una pappa di cemento a presa rapida francese che gli impedirà di accendere la luce.
STORIE DEL SIGNOR JFK (51) di Francesco Gambaro
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