Vagavo nell’orribile città di Palermo, o Roma o Berlino, cercando un loculo pubblico, biologicamente deputato ad accogliere il vomito del primo morso di un orribile kalzone al krauto, testè acquistato per ordinaria autoflagellazione. Vagavo e incrociavo altri mali, con denti zannanti, lupi che, insieme a me, vagavano alla ricerca di un sepolcro per loro malfatto malmangiare. Vagavo affamato fino a che, nello orizzonte, barbagliò gigantissimo un cassonetto: avea forma di palma cava, essentialiter, il finale rovesciato di un film di Theodoros Angeloupos.
“Vagavo nell’orribile” di Francesco Gambaro
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