“L’occhiaia” di Elio Coniglio

  Mano nella mano, con il passo svelto del ritardatario, io ed Alfonso  varchiamo la soglia d’ingresso della scuola  e ci infiliamo nell’ascensore, dentro il quale, c’è questa anziana donna di nerovestita , con il viso paffuto cereo di biacca, i capelli ne corti ne lunghi  ricciricci e platinatii, e la schiena larga e robusta, tipica di chi fin dal’infanzia  è abituato a carichi notevoli, piegata in avanti quasi come pronta  per una azzardata figura acrobatica… L’ascensore si ferma e, nel preciso momento in cui le sue porte si aprono davanti ad un arioso corridoio, entra  sfarfallando uno scolaretto magromagro, in grembiule e fiocco d’ordinanza, che fa due-tre  capriole e subito dopo scompare in un Nulla vicino…   Qualcuno ci  conduce attraverso  quest’interminabile  corridoio in fondo al quale c’è un paravento. Non so ne perché ne per quanto tempo, incurante di tutto e tutti, rimango a fissare con sguardo trasognato questo lurido rettangolo di stoffa dozzinale….  Poi sento la voce un poco alterata di Alfonso… .Scosto il paravento di quel tanto che basta per affacciarmi oltre e sorprendo l’insegnante, una persona bolsa e irsuta, mentre toglie sgarbatamente dalla testa di Alfonso il mio panama e, col sigaro che tiene acceso in bocca, comincia a bruciacchiarne le nivee sommità…. 

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