PRIMA DIMORA

Scegliere di vivere indifferentemente in una nazione o in un’altra, magari anche a latitudini proibitive o in metropoli decadenti, e non patire. Un bel vantaggio. E’ una cosa che si impara da giovani e che va esercitata, e a cui per giunta non tutti riescono a abituarsi. La maggioranza parte solo perché “sa” che deve tornare ed è quello il vero obiettivo: il ritorno alla terra nativa è un refrain di cui pochi riescono a liberarsi; e chi è avanti con gli anni, o chi si è spostato pochissimo non ha alcuna speranza, difficilmente cambierà residenza senza subire effetti importanti. La differenza consiste nel modo in cui si considera la prima dimora, se come “terra” o “luogo”. L’osservazione diretta mi suggerisce il successo di chi considera casa propria un “luogo”: nessun rito sacrale al rientro, né cerimonie di ringraziamento alla madre terra, solo calze spaiate, valigie mai disfatte del tutto, monete disseminate, fialette di vitamina D sparpagliate sul comodino.  

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