(L’OCCHIAIA.42)

Poco prima che la proiezione termini, l’uomo e la donna, seduti, due o tre posti più in là, nella stessa fila dove siedo anch’io, si alzano ed escono, lasciandomi solo nel cinema già deserto. Non ho paura ma, poiché sobbalzo al minimo rumore, quando tutte le luci della sala si accendono mi sposto verso una delle uscite d’emergenza e mi sdraio sui braccioli di tre poltroncine addossate alla parete… Baveri alzati, i due, mi stanno alle calcagna. Attraverso di corsa le vie del quartiere popoloso, specie nei crocicchi, di nordafricani indifferenti e mi fermo in una piazza, giusto sotto una statua della Dea, attorno alla quale, a stormi, le rondini, mai stanche, pettirosseggiano…. L’uomo se ne sta in disparte mentre la donna mi affianca. Io, per non annegarvi dentro, distolgo di continuo lo sguardo dalle lenti dei suoi occhiali, di un nero insondabile, ipnotico… La susina che mi offre, raccolta, a suo dire, stamane nel suo giardino segreto, è invece di un violaceo invitante, succoso…

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