(L’OCCHIAIA. 39.)


 A seconda di come vi lascio scivolare sopra lo sguardo, le mani, d’un niveo morbido, femminile, emerse all’improvviso dal vuoto che precipita rumoroso giù in strada e subito appaiatesi sulla balaustra, sembrano sciogliersi nel bianco venato di grigi azzurrini del marmo… Le più veloci, tra le tante giovani donne piombate dopo l’azzardo d’un balzo alla cieca sul pavimento del mio terrazzo, a raggiungere per prime la scala a pioli di metallo arancione, sono quelle stesse giovani donne che sedute una di fianco all’altra lungo la mantovana della copertura superiore, ormai da un bel po’, fanno penzolare a ritmo di valzer i piedi scalzi sulle fluenti capigliature delle compagne rimaste giù a ballare jazz… Scosto la cortina di fili elicoidali di plastica trasparente ondeggiante davanti la soglia della porta ed esco all’aperto intenzionato a redarguire prima e poi a cacciare via le invadenti intruse ma, una volta in mezzo a loro, gli assordanti profumi di mare che trasudano dagli abiti, sfarzosi quanto costumi da scena… 

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