Immaginavo che fin quando non mi fossi sbarazzato di una convinzione sbagliata, di un libro pericoloso e di una sconosciuta che avevano impunemente intralciato il regolare flusso della mia vita e dei miei pensieri non avrei potuto più realizzare i progetti che avevo in mente. Pensavo che il mio futuro si fosse contratto. Che il mio mondo si fosse ritorto in una sola idea, in un solo libro, in un’unica terribile faccia che non avrebbero mai smesso di angosciarmi. Pensavo fossi diventato una pietra, ormai, o un albero secolare. Ma mi sbagliavo: una negoziazione con la realtà era ancora possibile. A condizione – mi fu detto – che smettessi di definire il mio cervello con la parola “mente”.
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