IL RITORNO (Capitolo Primo)

Colpito al capo Apo apre le immagini-desko e le fissa a lungo prima di addormentarsi.
Le colline azzurre colorano i capelli, oscurano il sangue e le scarse ipotesi appena messe su carta per pensare un salto.
La luce della cucina non è più pallida e gialla, il televisore colorato sempre acceso, il muro caduto, gli omicidi ancora gratuiti, le redazioni dei giornali abitate da piccole sorelline, prese d’atto, monitoraggi, indicatori, punti d’avvio.
Avvio, start, e mete frantumano le certezze di Apo, abituato alla missione con il treno, l’aereo forse, e al rendiconto. E’ una germania dell’est, dal treno, nottetempo.

Pamela esce dal bagno.

Da tempo i pacchi della befana hanno smesso di esercitare il loro flusso benefico, il giappone si è acquietato e riversa a mare di manica larga, mentre qua si mangia di gusto, di festa, l’olio è di crasto, il viaggio tematico una risorsa, l’estraneità un progetto, un’agenda.
Il soggetto è atteso dalla luce rimasta, il frigorifero pronto a scaldarsi per un nonnulla, ad eccitarsi per la visione notturna di una fame languida, fiat, il mare lontano rumoreggia, si sforza di esserci.
Quando l’onda lo investe, il frigorifero tiene.
Non ci sono frane, scosse, telefonate, solo un messaggio per la piccola sorellina mandata a recuperare il toner, in uno sguardo d’insieme che lascia però passare i punti neri, già ingranditi, deboli graficamente.
Il frigorifero custodisce la cena di Apo, è il suo mandato, la sua destinazione, forse la sua fede, il suo sapere moltiplicato, storia quotidiana per l’edizione provinciale, che trova impreparata la redazione, già costruita per il metallo debole, la granita, le equazioni militari.
Oscurare gli ammutinati, i soggetti azzurri, le amministrazioni senza hard, i baby-killers, aspettando che il gulasch si scongeli e che stasera qualcuno faccia la sua parte.
L’alba cristallina lo sorprende con un difetto di paracetamolo subito colmato, un nuovo giorno psicosomatico, la guerra dichiarata al frigorifero, abbandonato alle sue navigazioni, esplorazioni, al rischio limitato per legge.
Le esperienze catartiche solo di laboratorio, nello schermo tanti pollici Apo viene visto prendere il sole sopra il tetto, invocare la befana.
Quando affonda nella poltrona i capi hanno già controllato. Il pieghevole a posto, gli indirizzi memorizzati, il posto per i duri riservato.
Il seminario può cominciare, la veloce segreteria già comunica del riflesso rinvenuto in frigorifero, cosa di cui il primo relatore si fa subito portavoce, attivando i brokers, e le soprintendenze.
Raggiunto dalla redazione Apo racconta del ritrovamento, della fame languida, fiat, subito intercettata dagli archeologi del turismo, rimasti senza fette di mercato.
Inevitabile il conflitto di competenze, gli eccessi bavosi, Armida che sale le scale del castello, i verbi intransitivi, un barocco trasformato e ammansito. La salsa è d’obbligo, prevedibile, il frigorifero intercettato. La guerra può cominciare.
Armi di cartone, spade senza roccia, pugnali ad acqua e pistole pochi fronzoli. La più incattivita esce dal coiffeur.
Le condizioni sono dunque date perché l’assessore pronunci il suo grido di dolore, l’amministrazione tracimi in asse.
Il furto delle camice tradì il consegnatario, i cui rossori sono stampati in A4 ai piani, vicino all’ascensore.
L’inverno giunge improvviso, gelando i destinatari.
Gli vengono trovate nel sangue tracce di angioletti dorati, e le colline azzurre non abbandonano più quella capigliatura addormentata.
Si associano alla visita, con apposite lenti, i pellegrini ricomposti e i re di bastone, ma questo non basta al capostruttura per convincersi della bontà del percorso e insistentemente vuole un nome.
Di malavoglia Apo compila l’elenco, mentre il frigorifero in cucina colma di colore il suo riflesso, ormai un arcobaleno in attesa di essere scoperto, raccontato.
Chiamano per la bisogna le scuole, gli artificieri, i sommozzatori, gli ultimi rapiti con il capo sottobraccio. Anche le donne-pistola vengono inviate in formazione, ma non riescono a colmare il loro vuoto, la mancanza di un albero di pere geneticamente stanche.
Nemmeno i grammatologi possono.

Apo corre lungo i viali intorno all’edificio. Con il fiato segna il campo.

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