Ci fu qualcosa di impronunciabile nell’epoca che ne seguì, del tipo partecipare all’emancipazione di Maddalena penitente. Nel lastrarmi da una parte all’altra, monitorare radiologicamente ogni possibile rigenerazione. Avevo fatto una scelta di malattia chiedendo ai sogni di rigenerarmi, chiedendo alla corte di leoni, elefanti, cani e pesci di chiarirmi l’antipodo dell’infinito e l’antidoto al grado zero del tuo midollo. Morfologicamente inglobai un muro portante nelle mie carni, lo assimilai per darmi uno spazio che, diversamente, sarebbe stato nient’altro che una conclusione – puramente – sensoriale. Ma le razze si chinavano solo al cibo e mi ignorarono. E qualcuno disse “chi muore ama tacere” e io lo ripetei a loro.
CHI MUORE AMA TACERE (3)
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I Rabbini di Oria e non soltanto (Rabbi Shelomoh)
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