NONNOCLOR0 (VII)

Nello stesso pomeriggio nonnocloro
durante una pausa, girandosi, telefona al sindaco, spiega il fenomeno come lui
lo vede, ma non lo descrive. È anche sprezzante: arriva a parlare degli
escrementi e del loro grado di consistenza. Solleva il problema delle gocce e
ne parla come di ‘acquetta distillata’, cioè di cosa sterile al quadrato. Gocce
venute giù a grande distanza l’una dall’altra in seguito ad estenuante e
sanguinario maneggio. Nonnocloro molto probabilmente era offeso dallo
spettacolo della fatica manuale offerto proprio dal suo diretto discendente. –
è difficile ricostruire le prime reazioni del sindaco, ma dovettero essere
insignificanti. – nonnocloro poi, con entusiasmo, parla assai male della
religione, o forse dei barattoli, i barattoli un po’ ammaccati. E io non
distinguo sufficientemente anche a causa dello stormire delle molte lape
attorno alla sua barba e per quel soffio caratteristico, persistente, di
trasmissione telegrafica, che producono i raggi del sole, in campagna, nel
primo pomeriggio. – ritengo tuttavia di avere grosse preoccupazioni. Poiché se
si tratta soltanto della religione è un conto, ma aggiungere quanto si può
intendere traverso i barattoli a me pare che implichi complicazioni a catena,
che nello stadio attuale non possono assolutamente essere controllati. – e
nonnocloro dice al sindaco proprio queste cose, e intanto rutta, si soffia il
naso, si gira a guardare in modo particolare i suoi amici e porta continuamente
la mano destra sui pantaloni all’altezza del pisello, stringe tra il pollice e
il medio, tira, lascia andare di colpo.

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