FRANCESCO

Ha mani aperte che sembrano chiodate. Mi scrive da lontano ad ampi gesti floreali. Cioè, da questa vicinanza rotolante. Mi parla a spighe, a rami di olivo. Non può essere. L’essere è il nulla, mi direbbe.

 

A salti illogici. A righe alterne. Mi dà un saluto da quel suo lontano provvisorio. Da qui, a un metro e mezzo dalla galassia Sweqtxz. Dal morbido abisso di Tusa, provincia di Messina. Ad andate e ritorni. A scritti zitti.

 

Era un momento cadente, di quelli che si aprono a spicchio. (Francesco trotta a quattro zampe verso il puntino che nessuno vede. Trotta e pesta foglie di mandarino). Era un momento. Poi era il tutto.

 

Me lo vedo arrivare via mail. Affannato, cammina a grandi passi con scarponi di creta. Somiglia al tasto “invio” della tastiera. È alto come una penna a inchiostro blu. Però sa essere anche un bestione di tre metri. Con quegli occhiacci pieni di luce storta che lui stesso sconosce.

 

Non ha mani. Non ha collo. Non nitrisce, non nuota, non rotola. Non ha inverno. Non ha pace. Non ha guerra.

 

Passa di qua e mi scrive a caso una lettera sull’entusiasmo. Mi chiede a caso un bicchiere d’acqua, due matite, un passamontagna. Mi chiede delle Dolomiti più remote, dicendo: da qui non ne vedo passare neppure una.

 

Avrei voluto regalargli almeno un albero, uno qualsiasi fra i molti di cui non conosco il nome.

 

Ha un cappello sumero. Saltella a gambe in croce. A un certo punto cambia la password. Cuoce un uovo sodo. Veloce come un pachiderma nevrotico, scrive una sola mail al giorno. Ha fotografato il Barocco. Ha mangiato terra di Siena. Lento e sfaccendato come un vetro sottile, scuote il testone e si infossa. Poi posta tre dita su Facebook. Ha comprato una bocca. Ha comprato una scarpa. Ha rotto la tastiera. Fino a quando, sfinito, inforca gli occhiali, posa gli occhi e riprende la sua giovane marcia in salita.

 

Francesco non finisce, non può. Non mi chiede perché, pur potendo. Ma ha trecento armi segrete sparse fra armadi e cassetti. Trecento anni. Trecento mani. A trecento metri di altezza ancora continua a salire e si perde fra le rocce.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

LE MOLTE PIANTE
Jebnoun Ben Azouz ha tre vite: una è la vita di Aida Rachida, una, la vita di Radia Ben Abdallah, Read more.
STANZA 227
mia madre vuole le sue foto di carta sul telefonino. mi dice, vorrei guardarle spesso. prendile dal cassetto e sistemale Read more.
da I GIORNI QUANTI (64)
Già,dice, con questo caldo, sicuramente il pomeriggio me lo lascio libero. Sennò sua maglie comincerebbe ad avere qualche dubbio, scherzo. Read more.
SCAFFALE 109 – 170101
Rallegrati/ Ridi (almeno sforzati) L’occidente è solitudine individuale (non sono famiglia, non sono “clan”) Esclusività dell’individuo L’occidente pone il soggetto Read more.
N.6
il letto è comodo e spazioso, nessuno mi cerca a quest’ora né altrimenti, i corvi cantano sull’albero il sole è Read more.
PAGINA BIANCA 28
Egli fa le pulizie 4 (già poesia dell’ultraquotidiano)   ascoltando depeche mode 1   scopando 3 stanze polvere ovunque / Read more.
IL VESTITO BIZANTINO – 32
Connubio di sillabe gridare Adescati dalla nube in via di sangue Guerriero esangue ormai rimanere. In dacia viveva Boris il Read more.
Ermete Rosenthal
Rosenthal (1888 – 1953) fu per la maggior parte della sua vita ingegnere navale. Già quarantenne gli capitò di assistere Read more.