(capitolo trentatreesimo) E GLI AVOCADO SPARIRONO NEL GIRO DI UNA NOTTE

– Ciao! Bel posto, devo dirvi però che non ho nulla per voi –

Il piccolo ricciuto è seduto sul sellino del vespino, il grosso di lato affonda gli anfibi nella ghiaia:

– Ne sei sicura? sappiamo che qualcosa deve saltare fuori… –

Piera, accenna una riverenza come quando i bambini giocano cerimoniosi:

– Io non ho più niente del signor Giuseppe. –

Il grosso fa un cenno di capo nella mia direzione:

– Sei in compagnia. Non ha perduto l’abitudine, gli piace tanto impicciarsi che gli affari altrui diventano condominiali.-

Piera guarda intorno:

– la strada è brutta e gli ho chiesto di accompagnarmi. Da sola non sarei mai venuta, ti ho detto, ero curiosa della centrale.

– E ora che ci sei ti metti a posto. – il riccio dondolandosi sul vespino:

– Cerca bene, confidiamo in qualche tua svista, dimenticanza da rimediare. – rivolgendosi a me – In qualche sua consulenza del cazzo. Fate uno sforzo, un gesto coraggioso. Cercate di ricordare! – L’altro: – Anche per non avere rogne e di che pentirvi. Malgrado tutto, lui no, ma tu, ci sei simpatica e non vorremmo altri danni a cose e persone… –

Una muraglia cinese in miniatura circonda l’intera area della centrale, fin sopra la montagna incolta. L’ingresso è chiuso da un cancello con due lucchetti arrugginiti. Oltre, ai lati del viale, costruzioni basse e in fondo l’edificio principale in pietra viva.  In questa situazione nessuna strategia di base ci sarebbe stata d’aiuto se non spostandola dal concreto dei mezzi ai fantasmi:

-Certo, l’argomento della reciproca simpatia anche per me non è spendibile. La situazione sgradevole ricorda altre situazioni sgradevoli. A scanso di equivoci e incomprensioni, tuttavia, voglio venirvi incontro e, badate bene, per cose di cui non ho il minimo interesse personale e dove, la ragazza, è totalmente estranea e non sa nulla. Ho qualcosa che forse vi potrà interessare. Una cosa del signor Giuseppe, forse non sua ma che proviene da casa sua

-spero siate più saggio che furbo.

-Possiamo metterci d’accordo.

Piera si allontana a sbirciare tra le sbarre del cancello. C’è un cane che abbaia. Caracolla da un punto all’altro lungo il piano della facciata principale. Piera a gesti e fischi fa come per chiamarlo ma il cane continua ad abbaiare e rimane lontano. Folate di vento caldo e polvere. Il riccio accende il vespino, il grande accavalla in guida.  Se ne vanno. Mi avvicino: – Non se ne parla neanche di scavalcare – Un sorriso morbido tradisce attesa di meraviglie

-Come ha capito?

-Da come tentava di prendere confidenza con il cane. Che cosa crede di trovare?

-Secondo lei fa la guardia?

-Non lo so e non mi interessa, andiamo

Mi segue incerta e ci avviciniamo alla sua macchina. I due hanno lasciato un biglietto nel tergicristallo: dopodomani alle ventuno al capo da Pesce all’Amo.

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