Per qualche ora alla settimana l’architetto insegna composizione all’accademia di belle arti. Quaranta scarpe da tennis incollate lungo una parete, due grandi specchi ad angolo, elenchi telefonici e pattume in cumuli significativi, fede, speranza in canotte mappate di sudore. I graffitari gli hanno segnato l’aula senza farsi beccare. E poi anche quelli del video capovolto e delle foto. A caccia dello straordinario, l’architetto si annoia se qualcuno porta a saggio copie da Raffaello o peggio Caravaggio. Tuttavia è da tempo rassegnato al nulla d’eccezionale e di tanto in tanto va a godersi la modella del corso di nudo. Caterina, l’attempata segretaria, ha preso il posto di Piera, la ragazza ventenne dell’anno scorso. Di solito è la modella anziana che lascia il posto alla più giovane. Oggi invece c’è Caterina al centro dell’aula e di Piera nessuna notizia. Alcuni studenti hanno protestato. Con tutte le tasse che pagano è possibile che debbano esercitarsi con un corpo inadeguato. Ma il maestro D’Alberto dice che non ci si può fermare al mandolino e poi Piera avrà trovato un altro lavoro, la famiglia e il fidanzato non gradivano, forse avrà cambiato città. non ha mai fatto nulla per nascondere la simpatia per Caterina. Alta e slanciata, Caterina ha un portamento imponente anche dietro la scrivania. D’Alberto è riuscito a convincerla alla posa, ma ora lì, come in una spiaggia per nudisti, è sola con i suoi anni. D’Alberto non ci fa più caso. Oggi sfoglia nervoso la pubblicazione che hanno fatto per il centennale dell’accademia. Non trova la pagina giusta da mostrare all’architetto. La pagina dove hanno omesso il suo nome. – Ma ti rendi conto dopo trent’anni nemmeno la correttezza del nome – L’architetto guarda le cosce spugnose della segretaria, dalla sua posizione non vede il pube e passa ai seni. I capezzoli sono ritti. Il freddo, pensa e risponde al D’Alberto: – inammissibile – prende la pubblicazione dalle mani del collega ne muove un quinterno, sfoglia un paio di pagine e la riconsegna aperta con il pollice sopra una colonna. – anche gli alunni… dovresti farlo presente … tutti, citati tranne te – D’Alberto guarda l’articolo e la foto della delegazione. In un salone i monaci, gli alunni e lui tra un monaco capelluto e una collega. – anche la supplente – dice risentito. L’architetto non commenta. Ha nostalgia di Piera. Si sposta con discrezione alla ricerca della posizione giusta. Gli alunni coprono la visuale. Ovvio, pensa. In posa artistica, nel mostrare, nasconde. Come la volpe risolve nel nulla. Il rigore del tempo. D’Alberto insiste: – di tutte queste minchiate rimane solo quello che si scrive, le cacatine dei reperti, loro lo sanno e fanno apposta ad omettere – L’architetto annuisce e pensa che l’opera dell’estetista rimarrà un mistero. Ogni opera alta è senza firma. Le mani del maestro non contano. Che Caterina segua o no la moda la generosità di Piera era un’alta cosa. Amanda. Bisognerebbe convincerla a fare la sua figura. Prima però dovrebbe persuadere il collega e questi la segretaria. E figuriamoci se questa rinuncia all’esibizione retribuita.
(capitolo diciassettesimo) E GLI AVOCADO SPARIRONO NEL GIRO DI UNA NOTTE
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