GRECIA, APRILE 2019

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Occasione che diventa destino
La camera al settimo piano è grande ma ha solo una finestra che da sui tetti. Un compasso di ferro lascia che si apra solo a metà. Di mattina non si vedrà la luce del giorno. Lo schermo di un televisore fisso alla parete trasmette frasi di benvenuto col mio nome.
Ilenia mi chiede di un albergo a Prizzi. Non ci sono alberghi materassi di paglia sputacchiere bacinelle di smalto incassate nel trespoli di ferro brocche di coccio puzzo di stalla e piscio di mulo che scola tra l’acciottolato nonna e zie. Solo i diavoli e processioni che si ripetono nel pomeriggio in cinque diverse parti del paese.
Il grano germogliato nel buio bianchi steli che si alzano dal piatto del giovedì santo. La bistecca nel venerdi santo come tanti anni fa a Parigi. Ci faccio caso dopo aver mangiato filetto alla griglia e patate arrosto insalata con capperi pomodoro feta e la birra ma poi qui oggi venerdì non è santo se ne parla tra una settimana.
Nel negozio di oggetti sacri icone calici candele incenso e bastoni utili a pellegrinaggi promessi sperati in via di approvazione o in atto padre e figlia provano a dare il resto sbagliato. La figlia si corregge in tempo un attimo prima di mostrarmi lo scontrino e l’involto della merce acquistata: incensi di tre diverse nature.
Una candela accesa nella chiesa ortodossa di San Teodoro. Non si fotografa non si parla non si canta l’altare è interdetto dietro un muro con una porta chiusa, la penombra è umida e antica come le pietre. Nei muri gli affreschi ridotti a scaglie di colore annerito dal fumo delle candele. una signora bionda malmessa lava per terra con uno straccio liso.
Credo di essere già stato in quella piazza della chiesa bizantina. La luce che cala e un bar tipo bistrot parigino. Mi sembra di essere stato lì, solo ad aspettare qualcuno o l’ora buona per ritornare da qualche parte. Certamente solo ma a bere? Una birra una spremuta d’arance un caffè? Non ricordare cosa mette in dubbio la stessa attesa il luogo e il ricordo.
Città e sogni screpolati scarabocchiati e abbandonati.
Il wide fire dell’hotel è difficile da innescare. L’inglese scivola nello spagnolo bypassando il francese e ovviamente l’italiano. La scarsa dimestichezza con i percorsi digitali. Password e pubblicità, finalmente ripristinato tra un messaggio e l’altro ne compare uno da scuola: bando per la creatività digitale da consultare ed eventualmente onorare entro il 5 maggio.
Manca l’acqua nell’albergo. Mai capitato.

Delfi: dove dei e pale eoliche si intrecciano ai fili dell’alta tensione. Lontano il golfo di Corinto tra le conifere.
La guida una signora robusta parla in inglese tranne che per controllare il numero dei suoi affidati. Lo fa giocando sul ritmo quasi cantilenando e ridacchiando come fanno i bambini nel gioco della conta. Di fronte all’animale ci rinfresca la memoria dell’enigma e riflette sul logos. Scandisce la parola con soddisfazione prima di darne una traduzione con tono rassicurante.

Nelle icone bizantine il Bambino ha la faccia adulta e saccente
San Cristoforo la testa di cane
Elia è tra le fiamme nel carro
Nulla di buono da prevedere dal cibo e dai fantasmi
I luoghi sono benedetti dalle storie che si dimenticano
Lungo la ringhiera della passatoia che attraversa il canale di Corinto sono legati plastiche e nastri portafortuna anche qualche lucchetto
a Micene, le pietre circondano la memoria dei fattacci
Il set di un Videoclip tedesco ad Epidauro
Nella costruzione della metafora gli dei partecipano all’ingrosso inglese francese
dal blu del cielo alla sabbia del Sahara del buon turco dagli zigomi slavi.

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