LA PORTA

Perduta ogni speranza noi che siamo, soli, alle soglie del palazzo occasionale, un nome qualsivoglia cercando ai campanelli. Suona, dal passato forse, l’incanto sospeso, l’eterna doglia d’un richiamo. Il quasi immobilmente si staglia, fortilizio disadorno e grigio. Non si torna indietro né s’avanza, il dito impietrito sul sonaglio.

DONNA

M’improvvisi, docile ottavino, a un soffio minimo d’occhi, al gesto perentorio di labbra. Suona fievolmente il sogno d’esistere al tocco fragile d’un moto di sopracciglia. Esegui, capriccio e fantasia, diminuendo e acuti sul mio cuore, vive sinfonie. Fui velluto e neve al tuo ricamo. Pupo.

TRIESTE

Erta via e gentile di gerani antichi alle finestre; sa di muschio, di paese, s’apre improvvisa in tiepide piazzette non credute. Ed è nome, proverbio il poeta, lontano, triangolo azzurro tra le case, scintillìo di mare. Un gatto passa svelto, scompare.

FRUSTRA

Rachmaninov va su e giù per la tastiera in cerca di idee che non vogliono venire.

CANONE GRANCHIESCO

«Ciao, come va?» «Ciao, bene, e tu?» «Bene. Si è fatto presto. Ciao». «Ciao. Ci vediamo ieri».

Meglio di Pavlov

Il randagio rossiccio dagli occhi grigioverdi si faceva appena accarezzare quando gli davo da mangiare. Ora si fa accarezzare a lungo, con gobba e fusa, senza che gli porti da mangiare, e senza campanello.

MIGRANTE

Sentirsi anima a bordo di un corpo friabile che gira incessante a bordo di un pianeta friabile che gira incessante a bordo di una galassia friabile che gira incessante ai bordi del cosmo friabile che gira incessante intorno alla sua animella anelante un bordo sicuro.