ESEQUIE

Riuscito che sono a salvare testolina e una zampa, scavo una buchetta in mezzo al campo dissesto, all’ora che rientro dal lavoro. Dominici, meschino, m’occhieggia dalla finestra. Di soppiatto, tra le tende annerite di fumo, intravedo il lustro del cranio, la scintilla dell’occhio, la bocca larga come a dire pure esequie. Ma io non ascolto e scavo di buona lena, fino a che la vanga s’impunta sul rigido e mi blocco di schiena. C’è che lì sotto c’è un forziere, pare che la sorte non m’è avversa, che l’ingiusta dipartita di Tiresia sia foriera di nuovo corso e luccicare di dobloni. «Pare che» urlo a voce spiegata, la vela della Provvidenza tirata al vento, l’ugola che si fa maestra. Ecco che il Domo esce e si tira dietro i cardini, ecco che è già lì, mentre
di forza assesto un altro colpo di vanga.

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