un teatro (VIII): un abitato di universi in silenzio

osserviamo le rovine, i grandi palazzi un tempo eretti, oggi non più alti di una mano, così prossimi al livello dell’erba, così vicini ai vermi, alle formiche, ai ragni, così descritti come altissimi un tempo e così segnati oggi dalle tracce di alcune fondamenta, percepiamo il valore degli incendi e di ogni altra cosa li abbia devastati; ai lati delle immagini, nelle inquadrature svogliate e un po’ sorprese, ritroviamo segnali di una natura che irrompe, mentre l’occhio indugia sul passato più familiare delle rovine, delle case abbattute, delle porte distrutte e può sembrare che ogni cosa stia soffrendo, ripresa così com’è nelle immagini di repertorio, e può sembrare che la traccia ormai dispersa dell’uomo apra alla nostalgia, ma continuiamo a osservare le immagini delle rovine antiche, un parco archeologico, una città dissolta dal fuoco, i resti delle capanne, un abbeveratoio, una torre che non padroneggia più l’orizzonte e forse possiamo immaginare come l’assenza, del villaggio e dell’uomo, stia ridefinendo la casa e la sua estensione: dietro ogni foglia un abitato di universi in silenzio

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