UNA CIRCONFERENZA VII

Non sempre i complotti sono tutti complotti, a volte libelli accidenti, altre ancora sorprendono per le dinamiche d’invenzione. Ma noi qui ci soffermiamo soprattutto su questo caso così specifico da risultare incredibile e appunto noioso, come tutte le cose straordinarie. Qui l’epica della traversata appare soltanto come una decifrazione di fatti mai accaduti, la vera storia è tutta inclinata su di un cronachismo così spicciolo da eccedere la realtà stessa che viene, sì, aggiornata, ma senza essere tale. Non la vediamo, ma ci attraversa. Gli alberi nomadi dell’Ecuador, i caribù azzurri che a gruppi scendono dalle fiamme, Frankie, l’ippopotamo, sì, così tondo e rosa, serafico e inconcludente a caccia di sacrifici personali e poche altre cose, una pozzanghera che sa di eterno, i cuccioli di iena dolci e amorevoli lanciano le pietre, proprio come si conviene a ogni esperienza che abbia nell’incipit la giusta irruenza. Il cartello con la descrizione storica del monumento ricalibra le cose, ma senza contezza dell’evento: la lingua avviene e, tuttavia, abbiamo visto come i fiumi soffrano della medesima svalutazione, nel reale, rispetto ai topici favolosi. E con che sapienza argomentava! Gli bastava una fugace annotazione olfattiva: l’andamento del fiume, la freschezza di un paesaggio non visto. Poiché tutte le date partono dall’anagrafe, amava muoversi solo per indizi e sovversioni. Al testo bastavano poche linee di fuga, un granchio, una proboscide di ragno, la stessa estensione di un albero: un cataclisma o l’universo.

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