TRONCO ISOSCELE (da Favole del ’68)

1 non abbandonare l’albero tronco tronco isoscele permutazioni erotiche fuori sul quadrato mi derivo una battaglia navale da una topografia gualcita messo in un quadrato mi batto contro non voglio giocare con la cementite sullo stesso mattone di maiolica una gravida nuda in rilievo quattro abissini verticali verderilievo vengono e …

AZOTO LIQUIDO

Certe volte incontrare un vecchio amico per strada dà più soddisfazione di un astice alla catalana ben fatto. Ci si strugge al ricordo di alcuni momenti belli, o divertenti, o singolari – qualsiasi cosa voglia dire. Ci si sorride. E ci si chiedono le cose di rito: hai una sigaretta? …

FRANTUMI DI COMETE

Sul lastrico del futuro Stride la ronda che mi protegge Ristride il teschio sì gemello con tutti. Un toccasana di poesia e musica Calmi la salma che si prepara Ragione del petto unica caccia. Frantumi di comete essere rapiti Dalla fiaschetta velenosa e postuma Dove i gradini portano al macello. …

MANCO IO

manco Io, manca la linea prona a un senso che avvera manca il fatto difforme del viso a dire quanto di bianco abbatta i minuti come un piccolo insignificante esercito mi vincesse l’impresa delle messi facili pronte, tanto che le falcio a tendere lo stelo a mostrare le reni piegate dell’offerta

IL RESTAURO

La tela grossa del seicento mostra  un soggetto dell’ottocento , forse c’e stato un recupero  vista la dimensione ridotta del quadro?  Il telaio è sottile, aggiustato alla buona? Con la miscela solvente  si va veloci a rimuovere e scoprire il santo?  Prendere ora la decisione, andare alla prima stesura.  Certo, …

FRANCESCO 5

Non ha mani. Non ha collo. Non nitrisce, non nuota, non rotola. Non ha inverno. Non ha pace. Non ha guerra.

LE VESTALI INARRIVABILI

Non so vorrei sapere ma poi non è così semplice sapere mentre tu mi schiodi dal torpore stupefatto di quella sera di gennaio quando improvvisamente e lunare hai annullato il mio respiro

da RAPSODIE (5)

Enoch respira il mio respiro, mi ha graffiata ancora. Sciogliendomi in scintille e rumori, prismi cicloptici di pulsazione adefaga, oscilla intervalli cronici, endogeni. Spine e turbe simulate leccano, poi amputano, le vibrazioni e i loro involucri. Chiudo gli occhi, ti vedo morire, tutto viene escluso.

LA PORTA

Perduta ogni speranza noi che siamo, soli, alle soglie del palazzo occasionale, un nome qualsivoglia cercando ai campanelli. Suona, dal passato forse, l’incanto sospeso, l’eterna doglia d’un richiamo. Il quasi immobilmente si staglia, fortilizio disadorno e grigio. Non si torna indietro né s’avanza, il dito impietrito sul sonaglio.

da STRADE E TAMBURI DI SABBIA 2019

conservi nel tuo sorriso cale e golfi come un segnalibro di passate stagioni s’alza il vento e ai tuoi fianchi tintinnano onde e stelle marine metalli di soli spenti il mare è fossile siamo occhi di statue inseguiamo la luce