* * *

Il giorno prima dell’udienza l’avvocato aveva convocato il nostro eroe nel suo studio. “Devi dire che la colpa è DELL’INTERNÈT, devi proprio dire DELL’INTERNÈT, devi sembrare un sottosviluppato semianalfabeta che dice DELL’INTERNÈT, hai capito?”
Il nostro eroe l’aveva guardato serio. “Sì. Ho capito perfettamente.”
Era luglio e il gilè kaki dell’avvocato sudava. Sudava anche la sua voce solenne, per quanto la solennità di una voce possa sudare. Il nostro eroe invece non sudava.
“Ti ricordo che quella di domani è l’udienza decisiva.”
“Lo so, avvocato.”
“Bene. Allora, col tuo permesso, farei una prova.”
“Che tipo di prova?” aveva chiesto incuriosito il nostro eroe.
“Simuliamo l’udienza di domani. Io fingo di essere il pm che ti dice: ‘Può gentilmente spiegare alla corte il motivo per il quale LEI è tanto anomalo?’, e tu mi rispondi. Una cosa semplice.”
“D’accordo.”
L’avvocato si era passato un fazzoletto sulla fronte per asciugarsela dal sudore. “Sei pronto?” aveva chiesto.
“Lo sono.”
“Può gentilmente spiegare alla corte il motivo per il quale LEI è tanto anomalo?”
“Certo!” aveva risposto il nostro eroe con decisione. Dopodiché si era schiarito le corde vocali e aveva aggiunto, cantando: “…credo proprio che
la colpa sia
DELL’INTERNÈT…”
“Eccellente!” si era compiaciuto l’avvocato. “Se domani in tribunale canti così, è fatta.”

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