NEL PARADISO DELL’ATTESA

Me lo chiede senza gentilezza. Indica il giornale che tengo in mano. Si siede al sole, legge, insaliva le pagine. Non gliene scappa una. Ha una tuta blu, una striscia rossa gli accoltella i pettorali. Deve essere un LSU legato ai deportati delle agenzie dei servizi ospedalieri. Occhiali da vista forti, punte di grasso alle pendici del naso. Siamo al Pronto Soccorso dell’Ospedale Civico di Palermo. Aspetto da molto e ho molte cose a cui pensare, non mi importa del giornale che gli ho appena prestato. Lo osservo con la coda dell’occhio. Lecca e sfoglia sotto il sole. Febbraio, io moscio, lui improvvisamente scomparso. Ho una specie di paura: lo cerco, lo trovo. Mi faccio schifo per essere stato malpensante. Mi avvicino. Mi sente. Mi dice: tenga. Rispondo: voglio solo dirle che sto andando in gabinetto. Lui, senza gentilezza, non risponde. Riprende a leggere il giornale che ho appena comprato. Io via, verso la mia finta pipì. Poi torno e di nuovo non lo vedo. Mi nascondo e mi disprezzo su uno dei sedili scomodi del pronto soccorso. Sono sedili, dico bene? Non sono sedili né seggiole né poltrone né letti: è il paradiso dell’attesa. Non riesco a immaginare un furto di giornale così misteriosamente concepito. Per curiosità, più che per diritto di proprietà, mi rialzo, lo cerco, lo trovo nell’atrio, in piedi, appoggiato al cilindro gialloblu dei rifiuti. Sempre al sole, slinguando pagine avanti e indietro. Da tempo non leggo più un giornale, lo compro per abitudine, nemmeno per i titoli, per tenerlo in mano. Lui invece lo divora, cosa resterà di me? Mangia le pagine per me in coma alimentare?
La casa della nonna è una commedia dei risentimenti: dopo anni, due sorelle si incontrano nella casa della nonna, morta da poche ore. Il conflitto e i rancori lasceranno spazio alla contesa.
Certo, la vita sarebbe cambiata se a otto anni avessi cominciato a chattare: sono timido sono timida, sono un terrorista sei una terrorista. E mi fossi beccato l’anima gemella, sei proprio tu? No. Avrei allargato il mio impermeabilone verde e alla ragazzina dagli occhi biondi, che fuma sulla saracinesca nel video di Piazzetta Bagnasco, avrei girato le nuvole delle mie palle.
Qui tutto potrebbe finire con lui che mi consegna il giornale, un sorriso, un pacchetto di sigarette sverginato apposta per me, una fumata contro il cielo sfebbrato di febbraio. Oppure con lui che mi si siede davanti, che continua a osservarmi di tanto in tanto e non riconsegna il giornale. Invece.
Le nuvole, in terra, sono talmente verdi e gli alberi, in cielo, talmente nuvole che non ci si spiccia a capirsi. La pulsione di stare fermo, di non ricominciare, di non aprire più gli occhi. Gli pneumatici delle auto sdraiati sull’asfalto. “Merluzzi desquamati a galla nel mare del Capo”. Lui, una tuta blu e una striscia rossa che gli accoltella i pettorali, legge a voce alta questo ultimo titolo e dopo accartoccia il giornale e me lo lancia in faccia, mentre una signora entra a passettini nel paradiso dell’attesa: pesta tanto i tacchetti che i tacchettii restano dentro una delle tante pozzanghere rancide del mercato.

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