scrivere-4

cos’é il miraggio? la percezione di una virgola di umi­dità (o é meglio ‘una virgola umida’?) dal cui luogo affiora la ragione di un fare-continuo. alquanto miste­rioso proprio per questa sua continuità. e una tale continuità non può che sostenersi così es­sendo/facendosi misteriosa/silenziosa. i biglietti che testimo­niano la ns appartenenza alla corporazione dell’apparenza so­spesa sono i miraggi che facciamo scorrere tra noi che ci avvol­gono e ci tengono fino al­l’arrivo del prossimo e intanto divari­cano il ns (dicia­mocosì) doppio uso del tempo.
(mi sto facendo allegramente convinto che gottfried benn do­vesse a dispetto del nome essere un siciliano della costa – la sua clinica distinzione tra telencefalo e mesencefalo somiglia…

forse é più attendibile parlare dello scrivere che scri­verne. ma in effetti pensandoci bene sopra si fa sem­pre così. in effetti anzi lo scrivere é sempre un modo di parlare e di ricordo del parlare (che é poi – dico il ricordo – un parlare da dietro – qualsiasi cosa possa si­gnificare questo da dietro). che dev’essere il modo spe­cifico della persona – la sua impronta pineale. é in questo istante che emerge il fatto della fatica fisica spesso insostenibile – nel­l’assunto dell’identificazione tra persona e sua parola parlata. nel giudizio che in genere si da delle opere l’originalità premiata ha ca­rattere di ‘unanimità’ (universalità). é invece più at­tendibile sostenere il contrario – l’originalità premiata ha carattere di picco d’isolamento. che é cosa diversa al punto che se ne po­trebbe ricavare un storia delle opere (e degli autori) (e in gene­rale della cultura) tanto diversa da quelle imperanti (‘picco d’i­solamento’ da intendere anche come ‘pieno di comunicabilità’ e non alla maniera del finnegan di joyce – )

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