scrivere é un infinito senza modo temporale. mi piace che quando ci vediamo ci sia da scambiarci un biglietto in forma di poesia o di favoletta da leggere dopo quando torneremo a starcene soli o con ‘quelli’ che stanno nell’altra parte del mondo (che é una forma di solitudine più dimensionata). é una comunicazione che contraddice lo spirito stesso del comunicare – che é semplice immediata non aggirabile strumentalità – e che addirittura accresce la distanza che ci separa. proprio nel senso che la poesia o la favoletta (o qualsiasi altro genere) ribadiscono l’esserci di un impiego del tempo che é progressiva e gratuita sopraffazione dello spazio. non dico ‘l’arte per l’arte’. dico uno spazio inesistente contro il tempo presente. in effetti lo scrivere é quantico in ciò che sospende l’apparenza. non essendo possibile pensare persuasivamente che l’inesistente sopraffaccia il concreto in atto. se non proprio pensando che questa specie di inesistenza obbedisca in effetti ad altro parametro d’esperienza. non mi riferisco al ‘mondo della fantasia’ all”idea in forma di cosa’. non sto pensando al simbolo alla metafora all’essenza dell’analogia. nulla che in qualche modo sia stato (ri)concepito da borges – peraltro con più senso della linea e della figura di quanto non capiti ai linguetici ai comparatisti e a tutti quegli scienziati del numero e della natura intenti a ‘diffondere una conoscenza del mondo e dell’uomo…’ ecc. perché scrivere di/in questo niente é coltivare un’esperienza fisicamente faticosa.
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45
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DISASTRI CARBOCERAMICI
17 Aprile 2024
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