Per quello che mi risulta il primo a formulare la di cui sopra teoria, dandone onesta spiegazione, fu Roberto Bazlen. Per meglio capire il concetto però sfogliate Horae Canonicae di W. H. Auden. Non proprio relativo a lettura o a scrittura, secondo il canone Bazlen, ma poco importa. Il tema di oggi è comunque “l’uomo che fece qualcosa per la prima volta”, variante di quella teoria, che si può leggere anche: l’uomo a cui accadde qualcosa per la prima volta. In Horae Canonicae infatti troverete questo, e come questo si collega al Destino inteso non nel senso del classico appuntamento, ovvero scritto chissà quando, ma messo nero su bianco all’ultimo momento. Frutto di circostanze che maturano all’improvviso. Un niente. Una manciata di secondi in più o in meno, una sterzata a destra calcolata male, che ne so, un cambiamento irrimediabile travestito da evento insignificante. Il giudice che dovrà emettere una sentenza, ad esempio, non sa ancora con quanta determinazione applicherà la legge degli uomini, si dà il caso, però, che la moglie oggi abbia uno di quei mal di testa. Il condannato, nel buio della cella, non pensa nemmeno lontanamente che sarà un’emicrania a decidere la sua fine. Spera in una clemenza che proprio quel giorno tarderà ad arrivare. Persino l’uomo che per primo accese un fuoco era intento a fare altro, ma il fulmine colpì la sterpaglia su cui era accoccolato. Non fosse stato per una dimenticanza nemmeno i Pasteur avrebbero scoperto la Penicillina. E l’uomo a cui ora avete stretto la mano, salutandovi, non saprà mai quanto motivo aveva di ringraziarvi: gli avete appena salvato la vita, ma né voi né lui potete saperlo. Qualche secondo di meno e l’auto che arriva lo avrebbe falciato.
“Primavoltità” di Gaetano Altopiano
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